È ormai trascorso molto tempo da quando Mamadou, un ragazzo del Mali che oggi conta ventisei anni, fu spinto dagli avvenimenti a lasciare la sua terra percorrendo le vie conosciute da molti che partono per venire in Europa inseguendo il sogno: prima in Libia, dove ha anche lavorato in un supermercato, quindi a Lampedusa, per fermarsi poi un paio d’anni in provincia di Napoli dove non è mai riuscito a trovare un lavoro stabile pur essendo stato aiutato nella regolarizzazione dei documenti. È lì che ha inizio la nostra storia, perché a Napoli Mamadou conobbe un’amica – originaria del luogo ma trasferitasi da anni nel milanese – la quale, volendogli bene, decise di ospitarlo a casa sua in un paese vicino a Milano.
Del resto anche lei in precedenza aveva potuto inserirsi nel milanese perché aiutata da Ada, una nostra amica per esperienze di catechismo che da non molto ha preso i voti, riuscendo a superare diversi ostacoli; e sono quindi rimaste in buoni rapporti. Questo spiega perché fu di suor Ada l’appello che ci pervenne nell’autunno del 2022: potete fare qualcosa perché Mamadou trovi un lavoro?
Il primo impatto non fu dei migliori: ragazzo molto timido, con gravi problemi linguistici – sia di espressione che di comprensione – non avendo mai studiato una grammatica, neanche della lingua francese che pure si parla nel suo Paese insieme ai numerosi linguaggi locali. Senza apparenti relazioni se si esclude quella importante che l’aveva portato nel milanese dove trascorreva passivamente la sua giornata; senza alcuna fonte di reddito e relegato in casa. Per sua fortuna aveva da poco conosciuto anche Matilde, volontaria di un’associazione locale che con tenacia aveva cominciato ad aiutarlo nell’insegnamento dell’italiano, nonostante qualche fatica iniziale nell’ottenerne la necessaria concentrazione.
Apparve subito chiaro che era impossibile usare in questo caso le prassi consolidate nella nostra esperienza per accompagnare chi cerca lavoro (orientamento, lavoro di gruppo, corsi di formazione…); come poter riconoscere i punti di forza, le attitudini e il comportamento di questo ragazzo sembrando tanto difficile ogni dialogo? Era quindi necessario trovare un contesto per comprendere quanto serve a tal fine accompagnandolo in un’esperienza d’inserimento sociale prima ancora che lavorativa. E la prima ispirazione in tal senso si mostrò decisiva.
Potendo contare sulla disponibilità della Cooperativa presieduta da Paolo e sul sostegno economico del Fondo Diamo Lavoro di Caritas, a marzo di quest’anno organizzammo un tirocinio che consentì a Mamadou di entrare in una realtà organizzata, abituarsi a osservarne le regole, stabilire nuove relazioni nel gruppo di lavoratori con cui era impegnato nel quotidiano e, insieme a loro, misurarsi in un’attività con aspetti anche duri pur se priva di barriere d’accesso come quella degli sgomberi di abitazioni e cantine. Attraverso il rapporto costante con il suo capo, Valerio, non solo abbiamo potuto conoscerlo in azione ma anche osservare il maturare continuo di questo ragazzo attraverso l’esperienza che stava facendo sotto tutti i punti di vista. Una percezione gratificante, come quando si osserva sbocciare un fiore: superate le chiusure, una buona capacità di apprendimento, grande lavoratore, migliorata decisamente la comprensione linguistica, un buon rapporto con i colleghi, è benvoluto da tutti. A conferma di quest’apprezzamento, pur non potendolo assumere stabilmente, dopo i sei mesi di rito la Cooperativa ci ha chiesto di prolungare il tirocinio ulteriormente nella prospettiva che, consolidando la sua formazione, Mamadou potesse poi inserirsi nel mondo della logistica. La stessa reazione che ci hanno dato Carlo e gli altri amici di una ciclofficina dove abbiamo nel frattempo inserito Mamadou per fare un’altra esperienza nel pomeriggio del sabato, suo giorno libero, nella speranza che quell’attività sociale potesse aprirci per lui opportunità d’inserimento lavorativo in un altro settore di suo interesse.
Giunti ormai a novembre il tempo stringeva. Un tirocinio per legge non può durare oltre un anno e anche il sostegno di Caritas che con i 500 €/mese d’indennità forniva a Mamadou l’unica fonte di sostentamento, aveva un limite. Se avessimo dovuto interrompere il percorso di accompagnamento avviato senza un inserimento lavorativo vero e proprio il rischio di disperdere il processo di maturazione avviato costringendo il ragazzo a perseguire lavoretti per il resto della sua vita era infatti palese. L’unica possibilità di lavoro incontrata a quel momento riguardava infatti una piccola azienda il cui approccio ci convinceva ben poco, senza alcuna possibilità di formazione ulteriore su cui costruire qualcosa del proprio futuro, come un ragazzo di 26 anni merita ancora di poter sognare. Provvidenziale fu quindi la svolta.
Ad una pesca di beneficenza nella parrocchia del paese in cui vive, Valerio ebbe l’occasione di conoscere un imprenditore metalmeccanico e ci segnalò la cosa. Preso il contatto la trattativa fu rapida. Visitata la fabbrica, abbiamo potuto incontrare la famiglia di proprietari che la gestisce e, insieme a Mamadou far conoscere sia il lavoro che abbiamo fatto quest’anno per accompagnarlo al lavoro sia i progressi riscontrati. Loro, mostrando in un primo momento sorpresa, ci hanno spiegato che sì, stanno cercando meccanici , ma è del tutto evidente che questo ragazzo non ne ha la competenza….. e in fondo noi avevamo in tasca solo la possibilità residua di finanziare gli ultimi tre mesi di tirocinio.
Ma l’incontro era nato sotto un buon segno. Aurelio, che insieme al figlio gestisce l’impresa, ci ha fatto una buona impressione. Il dialogo intercorso tra noi anche su altri aspetti inerenti la comune esperienza aziendale e le motivazioni del nostro attuale impegno sociale in ReAgire ha favorito un clima di fiducia reciproca.
La conclusione di questa vera e propria “storia di Natale” è stata quindi che, accantonata l’idea del tirocinio, dal 4 dicembre scorso Mamadou è stato assunto con un regolare contratto da metalmeccanico. Un contratto a termine di tre mesi, per il momento, perché abbiamo condiviso la volontà di capire la sua attitudine a tener conto dei problemi di sicurezza intrinseci a un’attività di questo tipo; che sarà certamente confermato se non ne emergeranno di particolari perché inserito in un’attività per lui formativa che per l’azienda costituisce un investimento. Per un ragazzo di 26 anni con la sua storia alle spalle, anche se ogni mattina per arrivare al lavoro deve percorrere una ventina di chilometri il primo contratto di lavoro in un’azienda strutturata può dare una svolta alle sue prospettive di vita. Come testimonia anche il video che, con entusiasmo, ci ha voluto mandare nel suo primo giorno di lavoro da metalmeccanico.