Se confrontiamo fenomeni come le migrazioni che nell’ultimo dopoguerra videro spostarsi dal Sud al Nord del Paese intere popolazioni perseguendo il mito della grande fabbrica, alla base di quello che fu chiamato boom economico, con altri ben più recenti e di segno opposto per cui aumentano nel mondo le dimissioni volontarie dal proprio impiego, punta di un iceberg di insoddisfazione nei confronti del lavoro e di aspirazione al cambiamento noto come great resignation, possiamo farci un’idea di come il senso del lavoro nella vita di ciascuno possa mutare significativamente nel corso delle generazioni.
È comunque una costante che nell’accezione comune le persone considerino “lavoro” quella parte delle proprie attività in qualche misura retribuita, da un’azienda o dal mercato. Un’attività vissuta in relazione, per prepararsi alla quale si dedicano anni di studio, attraverso la quale si misurano e consolidano le nostre capacità, che impegna parte significativa della giornata, il cui reddito incide sul tenore di vita nostro e della nostra famiglia… un’attività che per molti, anche sbagliando, non è solo parte delle esperienze umane che contribuiscono a forgiare la propria identità sociale quanto piuttosto un vero e proprio veicolo di riconoscimento sociale.
Si tratta di un approccio culturale consolidato, quindi, che pur mutando con le generazioni non comporta solo la conseguenza di sottovalutare il lavoro di cura, il lavoro famigliare o il lavoro di un volontario, ma è anche alla base della percezione di marginalità e solitudine che vive chiunque fatichi a trovare la propria collocazione nel mondo del lavoro; o non sia in grado di ricavarne un reddito adeguato. La solitudine che ne consegue è certamente un problema personale di chi vive tale condizione, ma è anche un problema sociale di interesse generale; sia perché non riguarda solo una specifica categoria sia perché aiutare una persona ad affrontarlo può implicare mettere in discussione aspetti culturali e interessi che regolano i rapporti e le relazioni interpersonali nella nostra organizzazione sociale e nell’economia. Ne tengono conto anche le conclusioni pastorali raggiunte dall’Assemblea Sinodale del Decanato S.Siro – Sempione – Vercellina dopo un anno trascorso ascoltando testimonianze, in ciò favorita dall’impegno di ReAgire.
Con la riunione convocata per il 21 settembre intendiamo fare un passo avanti. Ponendo al centro del nostro incontro la domanda “Fragilità e lavoro: binomio possibile?” non ci limitiamo ad ascoltare testimonianze ma offriamo un’occasione pubblica per ragionare del problema sociale concentrando l’attenzione sulla condizione di chi nella propria esperienza di vita è gravato da qualche fragilità significativa: che si tratti di una disabilità o invalidità più o meno riconosciuta, di disagio mentale o altre problematiche di ordine psichico, di un deficit cognitivo, di qualche malattia cronica significativa, di una responsabilità di cura… o di altri carichi condizionanti i ritmi e le scelte della propria vita.
Una domanda evocativa degli argomenti di cui necessariamente ragioneremo in quest’occasione, con il contributo di alcune realtà che ci aiuteranno a condividere la nostra risposta, quali ad esempio: la priorità che assume il lavoro nell’esperienza di vita di una persona in presenza di fragilità; le fatiche e difficoltà che possono renderlo un obiettivo lontano e precario; l’importanza dello stabilirsi di relazioni che consentano di superare la condizione di solitudine; l’utilità che assume l’alleanza tra i servizi per il lavoro e le realtà sociali impegnate ad accompagnare le persone al fine di renderlo possibile; le regole dell’economia reale messe in discussione in una logica di bene comune; il ruolo delle comunità e delle persone comuni.
L’evento del 21 Settembre 2024
Il 21 Settembre si è tenuto un incontro promosso da ReAgire e l’Assemblea Sinodale del Decanato San Siro, Sempione e Vercellina. Hanno partecipato la Fondazione Lighea, Gabbiano Servizi, l’associazione il Balzo, la Fondazione Don Gnocchi, le cooperative Namastè e Piccolo Principe ma anche la Pastorale sociale della Diocesi di Milano, Caritas ambrosiana, OFS Rosetum, il Forum del Terzo Settore, Afol metropolitana e le presidenti delle Commissioni Politiche sociali e Lavoro del Municipio 7.
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